San Valentino, capodanno di ogni single.
Tra una
spernacchiata in faccia al passato e una bevuta di Gin tonic, si manifestano i propri buoni
propositi e per caso capita che anche io ne abbia qui uno.
Detto in parole povere il fatto è questo: che voglio imparare una volta per
tutte ad essere l’uomo di me stessa, cosa che - non me ne sono mai resa conto -
sono sempre stata.
Sono stata il mio stesso uomo per un tempo imprecisato. Ci
ho provato con me stessa MA ho fallito miseramente. Come sempre succede in
questi casi era l’approccio ad essere sbagliato ed era il savoir faire a
mancare. Sbagliavo il metodo cercando di imitare un uomo. In pratica non ho
pisciato seduta e me la sono fatta sui piedi.
San Valentino è arrivato. Io non avrò nessun esemplare
maschile che sgancerà una sudata dose di euroni per prodursi in una danza dell’accoppiamento straordinariamente banale.
Cosa posso farci io se mi regali rose e mi
torna alla mente quella lapide color cipria che ho visto al cimitero di Pioraco
nel 1997? I fiori recisi odorano di camposanto e io non sono una croce piantata
a terra. Cosa dovrei dirti dopo essere stata in una bettola a mangiare pizza
ed aver scopato male in una macchinina scassata? Che in fondo sì, come vedi mentre
tento di rinfilare il tanga contorcendomi tra i sedili, Disney mi ha proprio
costruito un ideale sbagliato del complesso meccanismo dell’innamoramento.
Che “eh sì, Disney, quel nazista”. SARAI BRAVO TU, COGLIONE.
Sebbene io mi renda conto di quanto le perdite possano
sembrare ingenti, in questo scambio vi garantisco che c’è tanto da guadagnare.
Intendo nello scambio coppia > solitudine. La verità sul guadagno personale
di una donna l’ho detta tempo fa e nessuno l’ha ancora incisa sulla pietra.
“Sono come l’arte moderna, non vado capita, vado finanziata”. Probabilmente me
ne occuperò io di inciderla. Sulla mia pietra tombale. Allora potrete portarmi
fiori. Ma non rose grazie, solo peonie.
Libertà e solitudine sono le due facce della medaglia che ti
conquisti sul campo della sfiga amorosa. Va benissimo così. Sfoggiatela pure,
quella merda di medaglia, siatene fieri perché non tutti sopravvivono. Certi si
ammazzano a vicenda o da soli per disturbo post traumatico da stress. La
libertà e la solitudine vanno coltivate e ognuno lo fa a modo suo, come un
contadino con le carote biologiche. O le melanzane biologiche. O tipo quei semi
di pomodoro che vendono al supermercato. Nessuno può venirvi a dire come
coltivare i vostri pomodori da supermercato.
Essere l’uomo di se stesse per me, oggi, significa essere
complete così come si è. Un’unità di spirito e corpo, di libertà e solitudine.
Un abbraccio malinconico ma consapevole. In questa unità completa ed armonica
non c’è proprio materialmente spazio per le voci di critica sterile. Oddio dove
devo metterlo il tuo “NON BRUCIARE I TEMPI”? Lo vedi che dove dovrebbe esserci
un sentimento ho già sei divani, quindici sedie e sette camini? E questo “DEVI
PRENDERTI IL TEMPO DI STARE SOLA” lo capisci che non ci entra nel mio cuore che
è un monolocale in subaffitto a 3 punkabbestia dell’accademia di belle arti?
Sono l’uomo di me stessa vuol dire che possiedo il mio
spirito e il mio corpo, rido nella mia libertà e piango nella mia solitudine.
Ma sono intera, nella gioia e nel dolore finché morte non mi separi. Mi
conquisto ogni giorno e mi meraviglio della donna che sono. Mi arrabbio per la
donna che potrei essere e che forse non sarò mai. Mi amo, ma non sempre, perché
sarei stucchevole. Mi disprezzo, ma meno di un tempo ed è già un bel passo
avanti.
Non sto parlando di egoismo, non lo farei mai, né di quel
mortifero assunto per cui “prima te stesso e poi gli altri”. Ma per carità, ma
quanto sei volgare. Datti un tono, cazzo e vai a mangiare brioches. Se ti dai
una calmata capirai che sto solo dicendo che nessun uomo andato tornerà mentre
tu vivrai con te stessa per sempre quindi sposa te stessa.
Se la vita ti dà limoni pensa alle proprietà detox del
nobile agrume e rendi proficuo quel fiume di disperazione che ti porti dentro. Spremi
dentro la fresca acqua di fiume quei cazzo di limoni e diventa bella. Pesca le
carpe koi in quel tuo fiume di disperazione.
Il pescetto in questione è un
animaletto serio che nuota controcorrente. Per questo a lui hanno dedicato
leggende giapponesi e a te no, perché è simbolo di perseveranza e fedeltà.
Oh, anche io voglio essere una leggenda. Un sito internet con
immagini molto giapponesi tipo questa:
dice che la leggenda sulla
carpa koi ci vuole insegnare che quel pesce è legato alla forza di volontà ed
al cambiamento in positivo le quali sono cose che, dopo sforzi e sacrifici,
permettono di arrivare a grandi imprese.
Se poi un uomo verrà, questo nessuno può dirlo, o almeno non
io. Vorrà dire che gli farò posto sul ciglio del fiume e pescheremo insieme le
carpe koi. Poi le libereremo, perché non saremo assassini ma compagni di pesca.